Polonia, aborto per vittima stupro causa disputa nazionale

Larcivescovo Jozef Zycinski

L'arcivescovo Jozef Zycinski

LUBLINO: Una ragazza di 14 anni, stuprata da un suo amico più grande e rimasta incinta, è riuscita ad ottenere l’aborto legale solo dopo due difficili settimane.

In Polonia, l’aborto è garantito per legge nei casi in cui il rapporto sessuale sia forzato o quando la gravidanza può nuocere gravemente alla salute della donna e può essere eseguito entro il dodicesimo giorno di gravidanza.

Agata – nome fittizio della ragazza – si è recata da un ginecologo subito dopo lo stupro, il quale a sua volta ha avvisato la madre e la polizia. Dopo aver discusso del problema e convenuto che la soluzione migliore per il futuro e la salute della giovane ragazza fosse la terminazione della gravidanza, fecero richiesta ed ottennero il permesso per l’aborto.

A questo punto ha inizio una vera e propria epopea per lei e sua madre, che nella disperazione ha chiesto aiuto sul quotidiano Gazeta Wyborcza.

In due diversi ospedali della sua città natale, Lublino, non è stata accettata per il diritto che ha un medico di rifiutare l’aborto nel caso in cui sia contrario alla sua fede religiosa. Tuttavia, in caso di diniego, il medico deve nominare un’altra persona o istituto che lo porti a termine in quanto il diritto all’aborto è costituzionalmente garantito in Polonia.

In un ospedale, mentre la madre era impegnata a parlare con la segreteria, è sopraggiunto un sacerdote che ha tentato di persuadere la ragazza a non portare avanti l’aborto. Da allora Agata non ha avuto più pace.

Attivisti anti-aborto e sacerdoti l’hanno seguita da Lublino a Varsavia, dove si era recata per abortire, e qui – testimonia lo staff ospedaliero – è stata braccata da loro.

Secondo il direttore della Fondazione per la Donna e la Pianificazione Familiare, Wanda Nowicka, il rapporto dottore-paziente è stato palesemente violato come il diritto alla privacy della ragazza. Nowicka ha anche attestato che alcune associazione Cattoliche hanno incessantemente tentato di influenzare Agata, fino al punto di non essere più in grado di prendere una decisione consapevole sulla sua gravidanza.

Pur avendo esitato dopo il colloquio col sacerdote, la ragazza e sua madre firmano una dichiarazione affermando di voler proseguire con l’aborto.

Ciò nonostante l’aborto non sarà portato a termine. Nella versione ufficiale degli eventi, l’ospedale avrebbe ricevuto l’ordine del tribunale di introdurre Agata in un ricovero d’emergenza per bambini fin quando la corte non avesse determinato se sua madre l’abbia forzata a richiedere l’aborto, nonostante la ragazza stessa l’abbia costantemente negato.

Secondo la polizia, nella sua scuola di Agata circolava la voce della sua gravidanza e un insegnante avrebbe testimoniato il desiderio dalla ragazza di volere il bambino, dando il via all’indagine condotta per stabilire se Agata sia stata forzata nella decisione di interrompere la gravidanza. Il tribunale, per tutta risposta, ha immediatamente deciso di inserire la ragazza in un ricovero, presumibilmente “per farle prendere una decisione consapevole”. Sola e impaurita, Agata ha detto al Gazeta Wyborcza, “Voglio essere madre quando crescerò, non ora. Tutto ciò che desidero in questo momento è mia madre.”

Ufficiosamente, i dottori hanno rifiutato di eseguire l’aborto perché l’ospedale sarebbe stato assalito dagli attivisti pro-vita e bombardato via e-mail da suppliche e minacce. Con orrore dello staff, è emerso che i dati personali della ragazza sono stati diffusi, compreso il numero del suo cellulare nel quale ha ricevuto minacce e suppliche tramite SMS. Dopo aver lasciato l’ospedale, la ragazza è stata inseguita dagli attivisti pro-vita sia in strada, sia alla stazione di polizia in cui lei e sua madre hanno cercato rifugio.

Dopo essere tornata a Lublino, Agata ha vissuto per qualche giorno in un ricovero ed è stata dimessa quando il tribunale di Lublino ha annullato la sua decisione dopo aver riconsiderato il caso. Anche in quel periodo ha ricevuto messaggi dagli attivisti, esortandola a non abortire, e le lettere di sostenitori che protestavano contro la violazione dei suoi diritti civili.

Grazie alla Fondazione per la Donna e la Pianificazione Familiare, la ragazza e sua madre troveranno un posto dove portare a termine l’aborto che verrà eseguito alla fine della dodicesimo giorno di gravidanza, l’ultimo utile.

Nel frattempo, il caso di Agata ha scatenato emozioni e polemiche in Polonia. Ewa Kopacz, Ministro della Salute, ha ordinato all’ospedale di Lublin di nominare un istituto privo di obiezione di coscienza, in quanto le istituzioni hanno tardato nel compiere il loro dovere di trovare un posto alla ragazza per completare l’aborto.

Il presidente della sinistra ha annunciato che, qualora il suo gruppo ottenesse la maggioranza al governo, il concordato con il Vaticano sarà annullato in quanto i sacerdoti che girovagano a persuadere le ragazze contro l’aborto sono una contravvenzione di tutte le norme.

Di opinioni diverse Jozef Zycinski, arcivescovo di Varsavia. In un comunicato sostiene che la vicenda è un esempio della tensione che scorre tra “la voce della coscienza” e le leggi che permettono di porre fine a una vita non ancora nata. Ha ringraziato coloro che hanno difeso “la santità del diritto umano di vivere” e respinto le accuse di fanatismo in quanto gli attivisti pro-vita avrebbero usato unicamente “il dialogo e dichiarazioni di solidarietà”.

Secondo l’arcivescovo, i fanatici sarebbero gli abortisti.

Il caso di Agata rimane sotto indagine della procura per determinare se la ragazza sia stata forzata ad abortire contro la sua volontà o se le è stato negato ciò che era un suo diritto costituzionale. Un’indagine è stata altresì aperta per stabilire come gli attivisti abbiano ottenuto i dati personali di Agata e se il rapporto dottore-paziente sia stato violato.

Per Wanda Nowicka, l’insolita fretta del procuratore nell’allontanare una bambina dalla madre e il fatto che i gruppi pro-vita sapevano tutto di Agata non è una coincidenza.

“Sospetto che ci sia una sorta di polizia segreta negli ospedali per controllare se qualcuno vuole avere un aborto legale e fare di tutto per impedirlo,” ha affermato. “Senza l’aiuto della Fondazione e della recente attenzione dei media, il caso non sarebbe finito come Agata sperava. Questo incidente dimostra quanto sia restrittiva la nostra legge e come sia difficile farla rispettare. Se fosse stata sola, Agata non avrebbe mai ottenuto legalmente l’aborto,” conclude.

Fonte: Krakow Post

1 commento

  1. un po machinoso com resoconto; non ne manca un ingrediente: sicuro che non è montato?


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