Dimissioni del direttore dell’Avvenire: tiriamo le somme sul caso Boffo

Dino Boffo

Dino Boffo

Con una lettera aperta, dopo una settimana tra polemiche, accuse, giustificazioni e misteriose “veline”, si dimette il direttore dell’Avvenire, Dino Boffo. «La mia vita e quella della mia famiglia, le mie redazioni, sono state violentate,» scrive Boffo.

Vero. Verissimo. Ma c’è da chiedersi come mai il metro che avrebbe voluto il direttore dell’Avvenire (e per lui, anche altre testate giornalistiche, ndr.) non sia lo stesso utilizzato per altri.

Basti ricordare come furono trattati Luciano Moggi, Vittorio Emanuele di Savoia, Stefano Ricucci, Anna Falchi, Cristiano Di Pietro (il figlio di Di Pietro), l’ex Governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio, Daniela Fini (ex moglie di Gianfranco Fini), Clemente Mastella o Silvio Berlusconi.

Non perché fossero innocenti. Ma se è vera l’equazione “reato di personaggio di spicco=articolo in prima pagina”, deve esserlo anche per Boffo. Altrimenti si fanno due pesi, due misure.

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Botta e risposta tra Avvenire e il Giornale: Boffo scrive che «il documento è una sòla,» la redazione di Feltri lo pubblica

Vittorio Feltri

Mattinata intensa nelle redazioni delle due testate giornalistiche in “guerra” da quando è stata resa pubblica la condanna di Dino Boffo per molestie. Questa volta all’attacco parte il direttore di Avvenire, con un articolo velenoso in cui viene attaccata l’autenticità e l’esistenza dei documenti giudiziari in possesso al quotidiano di Feltri.

A dargli man forte, il Ministro dell’Interno Roberto Maroni che in una telefonata – oltre a manifestare «la sua solidarietà e il senso di schifo che gli nasceva dalle cose lette» – assicurava Boffo «di aver ordinato un’immediata verifica nell’apparato di pubblica sicurezza che da lui dipende, e che nulla, assolutamente nulla di nulla era emerso,» in merito all’affermazione del Giornale, secondo il quale «sarebbe stato da tempo “già attenzionato dalla polizia per le sue frequentazioni”».

La polizia, insomma, non scheda gli omosessuali.

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Caso Boffo: controllato dalla polizia perché frequentatore della prostituzione maschile milanese

Mario Adinolfi

Mario Adinolfi

AGGIORNAMENTO DEL 30/08/2009: Botta e risposta tra Avvenire e il Giornale: Boffo scrive che «il documento è una sòla,» la redazione di Feltri lo pubblica

Dino Boffo era controllato dalla polizia. Non perché omosessuale, come molti avevano pensato, ma conseguenza «delle frequentazioni del direttore di Avvenire dei luoghi della prostituzione maschile milanese».

A rivelarlo è Mario Adinolfi, ex articolista di Avvenire e candidato alla segreteria nazionale del Pd.

Sul suo blog, scrive una lunga lettera aperta a Vittorio Feltri, direttore de ” il Giornale”, in cui rivendica la paternità di due scritti pubblicati senza autorizzazione sul quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi.

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