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«I lager nazisti, come ogni campo di sterminio, possono essere considerati simboli estremi del male, dell’inferno che si apre sulla terra quando l’uomo dimentica Dio e a Lui si sostituisce, usurpandogli il diritto di decidere su che cosa è bene e che cosa è male, di dare la vita e la morte». Lo ha detto con voce altisonante Benedetto XVI prima di recitare l’Angelus nel cortile del Palazzo papale di Castelgandolfo.
«Purtroppo questo triste fenomeno non è circoscritto ai lager. Essi sono piuttosto la punta culminante di una realtà ampia e diffusa, spesso dai confini sfuggenti», ha continuato Joseph Ratzinger, invitando anche a «riflettere sulle profonde divergenze che esistono tra l’umanesimo ateo e l’umanesimo cristiano; un’antitesi che attraversa tutta quanta la storia, ma che alla fine del secondo millennio, con il nichilismo contemporaneo, è giunta a un punto cruciale, come grandi letterati e pensatori hanno percepito, e come gli avvenimenti hanno ampiamente dimostrato».
Non è dello stesso parere il rabbino Giuseppe Laras, presidente dell’assemblea rabbinica d’Italia. «Vorrei ricordare al Papa che i campi di concentramento sono stati messi in piedi dai nazisti che erano dei cristiani e anche loro avevano usurpato a Dio il diritto di dare la vita e la morte, di fare il bene e il male, il Papa dimentica insomma che molti nazisti erano cristiani,» afferma il rabbino.
Affrontando questi temi con un taglio solo teologico e filosofico si corre il rischio di «destoricizzare il fenomeno che invece oltre alla filosofia ha bisogno di un’analisi sociologia e antropologica.»
Fonti: Adnkronos, Santa Sede
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