Parma, niente crocifisso in consiglio comunale

Elvio Ubaldi

Elvio Ubaldi

Il nazismo, Giolitti, De Pretis, lo Statuto Albertino, Voltaire, Rousseau e Benedetto XVI. L’aula del consiglio comunale come un’aula universitaria di storia e filosofia.

Dopo due ore di discussione, alla prova del voto (spiccia e realista come si conviene) lo studente, però, non supera l’esame.

Nella fattispecie, sotto il 18, restano i firmatari (una ventina circa di esponenti di Impegno per Parma) dell’ordine del giorno che proponeva di appendere alla parete del parlamentino ducale il crocefisso.

“Il Signore ha cose più importanti a cui pensare ma comunque vede e provvede”, il commento a fine seduta del presidente del consiglio comunale Elvio Ubaldi, critico nei confronti del provvedimento.

“Da cattolico non voto l’ordine del giorno. Perchè dobbiamo ostentare il crocefisso? Per mostrare che siamo superiori ad altri? Lo siamo già, da secoli. Da quando abbiamo assunto la distinzione tra appartenenza religiosa e pluralità di pensiero. Ci sono altri modi per difendere le nostre radici, ad esempio facendo prevalere lo jus loci. E poi- conclude- la croce in quest’aula già c’è: è nel simbolo del Comune di Parma”. Quindi invita l’assise a “riflettere”, a “pensarci su un attimo”, a non fare del crocefisso “un elemento di divisione. Non merita di essere attaccato o staccato da un muro a seconda dei tempi”.

E dubbi assalgono anche altri membri della maggioranza come Francesco Arcuri (“La soluzione non è ostentare. Non sento questa delibera di mia competenza”) e Sergio Boscarato (“Sono perplesso. Crocefisso non è un simbolo ma un riferimento di vita”). Il capogruppo Gianfranco Zannoni annusa l’aria di fronda e precisa: “La mia è una indicazione di voto personale, lasciamo totale libertà di coscienza”. Prima però aveva lanciato il pericolo di una secolarizzazione già intrapresa da altre amministrazioni comunali come Lugo di Romagna, “dove al camposanto possono essere mostrati sulle tombe solo foto, nome e cognome del defunto. Nessun simbolo, nessuna illuminazione votiva”. Ma senza “identità- ammonisce- non c’è memoria. Benedetto XVI dice che è bene che Dio sia presente nella vita pubblica”.

Si astengono in quattro: Franco Cattabiani (tra i firmatari dell’odg), Giovanna Michelotti, Pietro Calestani (firmatario) e Arcuri; il numero legale per validare la votazione è 21, votano in 19 (l’opposizione e Ubaldi non partecipano) e la frittata è fatta. Con grande scorno di Matteo Agoletti che in sede di dichiarazione di voto aveva attaccato il Pd (“Non riconosce le proprie radici”) e invitato i suoi colleghi ad andare avanti con “la schiena dritta”, quasi come in una crociata in “difesa delle origini giudaico cristiane”. “Ricordate poi- cita Guareschi- che nel segreto dell’urna Dio ci vede e Stalin no. E allora io dico: qua ci vede tutta la città”. Ma “sottoporre il crocefisso a un voto politco è sbagliato. Resteremo in aula ma non votiamo”, sottolinea Carla Mantelli del Pd. A testimonianza del fatto che “abbiamo preso la discussione sul serio e ci abbiamo ragionato. Siamo convinti che il crocefisso come simbolo sia molto e ben più alto di una bandiera. Per questo non pemetto le volgarità che Agoletti ci ha rivolto contro”, aggiunge Franco Torregiani.

Fonte: La Repubblica

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